di Anna Martini, @mammadi6maschi

Nella mente del Recruiter, trucchi e cose ovvie.

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Il mindset del selezionatore svelato

Da anni mi occupo, direttamente o indirettamente di Selezione del Personale e di candidati ne ho incontrati tanti e tante volte mi sono ripromessa di condividere le mie riflessioni sul tema per aiutare chi, per obbligo o per volontà, si trova a dover affrontare i selezionatori e si chiede: da dove inizio? Cosa gli dico? Cosa non gli dico? Se mi chiede i punti di forza? e di debolezza? ecc..
Sarebbe anche bello poter fare una partita a carte scoperte, tipo:

  1. come decifrano quello che dice il candidato e come lo interpretano?
  2. cosa leggono veramente guardando il tuo CV?
  3. cosa capiscono ancora prima di incontrarti?

Il massimo sarebbe poter prevedere il mindset del selezionatore per trasmettergli da subito i propri punti di forza.

Lo stesso obiettivo

Avendo fatto per molti anni Selezione del personale posso affermare che l’obiettivo mio e del candidato è sempre stato lo stesso: il candidato vuole il lavoro, il selezionatore vorrebbe assegnarglielo e fare il minor numero di colloqui possibile!
Il selezionatore sarebbe quindi felicissimo di avere elementi che lo dimostrino, ma spesso accade che questi non siano tanto espliciti come pensa il candidato e quindi dal colloquio si passa subito all’intervista…o all’interrogatorio.
L’unico vera ragione che trasforma un colloquio in un interrogatorio è proprio la necessità che ha il selezionatore di ricostruire, in maniera chiara e coerente, il trascorso professionale e personale dei candidati.
Se tutto potesse essere talmente lineare dall’inizio . . . sarebbe più semplice per entrambi!

Da dove partire per lavorare sulla linearità se non dal proprio Personal Branding?

Le cose ovvie

Il selezionatore ha un compito preciso, capire se siete le persone giuste per il lavoro.
Considera i seguenti punti:

  • l’abbigliamento adeguato allo stile di lavoro e di ambiente,
  • i dialoghi che restino su di un livello serio e non da confessionale,
  • i cellulari spenti e che non vibrino creando strane idee in chi sente il ronzio,
  • il non andare accompagnati nè da fidanzati, madri, sorelle amici e cani!
  • la scheda di raccolta dati, anche se super noiosa, va compilata con cura, con calligrafia ordinata.

Non hanno nulla a che fare con la competenza del candidato giusto? Eppure sono molto importanti: il colloquio è un’occasione “o la va o la spacca”, non c’è una seconda possibilità.

Se il candidato fa questi errori al colloquio ci si può aspettare che non li faccia sul posto di lavoro? Se non compila la scheda per bene, ci si può aspettare che sia accurato durante lo svolgimento delle sue attività?

I metodi estremi

Molti si sentono più in sintonia con chi si adatta al loro stile corporeo: se il selezionatore è seduto e rilassato e appoggiato allo schienale e il candidato sta sulla punta della sedia, nervoso e rigido, è molto probabile che dopo un po’ si sentano affrontati, quasi sfidati. Se invece il candidato cerca una sorta di sintonia con l’atteggiamento e la postura del selezionatore, questi sarà certamente meglio disposto.

Anche lo stile di conversazione dovrebbe essere simile; ad esempio se il selezionatore da del lei è inutile rispondere con il tu o insistere per ottenerlo: dimostra incapacità di adattamento.

Per cosa ti stanno cercando?

E’ bene tenere sempre presente il tipo di impiego per cui si sta facendo il colloquio.
Ogni lavoro richiede le sue capacità, per così dire, “particolari”.
Ricordo un selezionatore che quando faceva dei colloqui posizionava il cestino della spazzatura lontano dalla sedia degli ignari candidati e, volontariamente, ad un certo punto si faceva prendere da un attimo d’ira e appallottolava un foglio e, guarda caso, non faceva canestro!
Per lui un criterio di selezione era il vedere chi lo raccoglieva e lo imbucava nel cestino: cercava degli addetti al Customer Service, ruolo di alto stress, necessarie diplomazia e pazienza e un pizzico di capacità d’ingoiare il rospo.
Cercare di essere accomodanti, non oltre misura, ma entro i limiti dell’educazione e dei propri valori potrebbe essere utile.

Fare Personal Branding

Il desiderio di ogni selezionatore è quello di avere:
– un cv, in linea con la ricerca
– un candidato: tu!
– un’idea, un’immagine che lo preceda e che rende vera e coerente la sua reputazione legata al ruolo per cui lo si incontra.
Inutile dire che la nostra reputazione è il risultato del nostro personal brand

Concludendo

Il mio consiglio è quindi proprio quello di lavorare e concentrarsi su tutto ciò che sta “prima del colloquio” , di investire sulla propria reputazione.
Di fare personal branding!

In questo modo il selezionatore:
– vi individuerà più facilmente
– il colloquio sarà meno stressante
– vi potrete concedere il lusso di farvi scegliere, potendo scegliere!

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